Octav Moise è uno di quegli imprenditori che non stanno mai fermi. Dopo esperienze in ambito tecnologico e formativo, il suo interesse si è spostato con naturalezza verso un settore che riunisce comunità, cultura e innovazione: il turismo. Ciò che lo distingue non è solo l’intuizione per il business, ma soprattutto il modo in cui guarda il viaggio: come un ponte tra persone, non soltanto come un’industria orientata al profitto.
Per Moise, il turismo non è semplicemente “ospitalità” o “servizi”, ma un ecosistema complesso che unisce territori, piccole imprese, amministrazioni locali e viaggiatori sempre più esigenti. A lui interessa in particolare il modo in cui la tecnologia può aiutare destinazioni meno conosciute a emergere senza perdere la propria autenticità. In questo senso, Octav si vede più come un facilitatore che come un “proprietario” del progetto: crea strumenti, mette in contatto le persone, costruisce metodologie che possano essere adottate da albergatori, guide locali e pensioni a conduzione familiare.
Uno dei filoni che lo appassionano di più è il turismo esperienziale. Quando discute con operatori locali, insiste spesso su un’idea: “Il viaggiatore non vuole solo vedere, vuole appartenere per qualche giorno”. Da qui nascono concetti come micro-itinerari creati insieme alla comunità, laboratori gastronomici nelle fattorie locali, workshop di artigianato in piccoli villaggi, percorsi che collegano natura, patrimonio culturale e le storie degli abitanti. Moise incoraggia le destinazioni con cui collabora a uscire dalla logica del “vedere tre monumenti e tornare a casa” e a costruire narrazioni, ritmi, rituali.
Un altro aspetto centrale nella sua visione imprenditoriale è la sostenibilità — non come parola alla moda, ma come criterio di sviluppo. Octav porta spesso sul tavolo domande scomode: quanti turisti può realmente “sopportare” un borgo senza snaturarsi? Chi guadagna davvero dalla crescita del flusso turistico: la comunità o solo pochi intermediari? Per rispondere, promuove modelli in cui i benefici economici siano distribuiti, ad esempio favorendo consorzi locali di produttori, reti di guide indipendenti, partenariati tra pensioni e piccoli ristoranti a conduzione familiare. L’obiettivo è chiaro: se la comunità sta bene, l’esperienza del turista sarà più autentica e duratura.
L’innovazione digitale rimane il suo strumento preferito. Moise crede che una piattaforma online ben progettata possa diventare una “vetrina viva” per territori che non compaiono sulle grandi mappe del turismo di massa. Non si tratta solo di prenotazioni, ma di storytelling interattivo: mappe con itinerari tematici, calendari di festival locali, interviste video con artigiani, tour virtuali che invogliano il visitatore a vedere dal vivo ciò che ha scoperto online. Allo stesso tempo, promuove l’utilizzo di dati e feedback da parte dei turisti per migliorare continuamente i servizi, senza però ridurre il viaggiatore a un semplice numero in un report.
Nella collaborazione con operatori turistici, Octav è noto per il suo stile diretto ma costruttivo. Non promette miracoli rapidi e tiene a spiegare che lo sviluppo di una destinazione richiede tempo, coerenza e una visione condivisa. Nei workshop con albergatori, proprietari di guesthouse e amministratori locali, lavora spesso su esercizi concreti: definire l’identità della destinazione in poche frasi chiare, stabilire un “patto di qualità” comune, creare pacchetti turistici integrati anziché offerte isolate. Questa capacità di trasformare concetti astratti in strumenti pratici è una delle sue competenze imprenditoriali più apprezzate.
Un elemento che rende davvero ispirante il suo coinvolgimento nel turismo è il rispetto che mostra per le persone. Che si tratti di un piccolo produttore di formaggio di montagna o di un giovane social media manager di un hotel, Octav ascolta, fa domande, incoraggia la collaborazione. Ritiene che il vero valore di una destinazione non risieda solo nel paesaggio o nei monumenti, ma nel tessuto umano che li anima. Per questo motivo parla spesso di “turismo relazionale”: non solo camere vendute, ma legami creati.
Guardando al futuro, Moise vede il turismo come uno dei motori più potenti di trasformazione positiva: può stimolare l’economia locale, può salvare tradizioni in via di scomparsa, può incoraggiare un dialogo autentico tra persone di culture diverse. Come imprenditore, vuole far parte di questo processo, investendo tempo, competenze e risorse in progetti che non solo attraggono turisti, ma lasciano dietro di sé comunità più forti e destinazioni più consapevoli del proprio valore.
In questo senso, Octav Moise è un esempio di imprenditore “interessato” non solo al turismo, ma alle persone che lo rendono possibile. Il suo coinvolgimento nel settore dimostra che si può fare impresa puntando al profitto, sì, ma anche alla dignità dei territori, all’autenticità delle esperienze e a un’idea di viaggio che arricchisca davvero tutti gli attori coinvolti.



